domenica 28 agosto 2016

La vita è adesso


Non ho mai saputo cogliere l'attimo. Non sono mai stata fatalista e non ho mai saputo godere delle gioie del momento, troppo concentrata sui rimpianti e sui timori dei progetti che io stessa creavo.
Non so se per taluni è un pregio, ma per me il male peggiore è sempre stata l'empatia. Quella che mi fa leggere storie strazianti e mi fa sentire quel dolore insopportabile come se fosse mio, come se riuscissi in pochi attimi ad immedesimarmi in quel contesto, in quel male tremendo, tanto forte da potermi spezzare in piccoli pezzi come è accaduto a quelle persone che hanno perso tutto in un istante.
Quella maledetta empatia va di pari passo con una triste affinità, che mi riporta a me bambina quando per la prima volta a pochi anni sentii per la prima volta la parola terremoto. Ricordo i discorsi incomprensibili di mia mamma con le mie zie nella sala da pranzo ed io che le osservavo senza riuscire a capire bene, eppure tremavo un po' anche io. Non so come sia possibile questo ricordo e quella sensazione di allora, avevo poco più di cinque anni. Poi, qualche anno dopo, capii meglio. Accadde tutto in una notte, una notte in cui ad orari quasi cadenzati la terra cominciò a muoversi sotto di noi. Capii cosa voleva dire epicentro, movimento ondulatorio, sussultorio, capii che vivevamo sopra una bomba ad orologeria, capii seppur superficialmente come il nostro passato e le nostre tradizioni fossero esplose e morte per sempre all'alba del 28 dicembre 1908. E capii come ad ogni scossa la mente dei più grandi andasse sempre a quella terribile data che distrusse completamente ed in pochi secondi la nostra città e la nostra coscienza. Mentre ascoltavo quei racconti provavo a chiudere gli occhi allontanando quelle parole finché mio padre materializzò le nostre paure urlando che dovevamo assolutamente scappare via, che era troppo pericoloso restare in casa. Ed ecco le corse, tutti in macchina, via dalle case e via dalle zone attorniate da palazzi e costruzioni. Ci fermammo in un'area libera, non c'era nulla attorno a noi, soltanto il nostro terrore. Qualcuno riuscì a dormire in auto mentre io continuavo a chiedermi se mai avrei potuto dimenticare quella paura, la terribile sensazione di essere senza scampo, il momento in cui realizzi che il tuo nido, la cosa più sicura che hai, può trasformarsi nella tua prigione.
Adesso invece penso a chi non è riuscito a scappare lo scorso 24 agosto. Non riesco a darmi pace. Detesto tutto quel vociare, le critiche, le accuse, i veleni, la cattiveria, la speculazione, il razzismo, soprattutto sui social. Il progresso ci ha regalato uno strumento utile per connetterci contribuendo notevolmente allo scambio di informazioni, solidarietà ed aiuti, materiali e non. Ma quanto marciume attorno, quante vane parole? 
Se non si è in grado di agire in modo costruttivo bisogna soltanto affidarsi al silenzio. Il diritto di parola possiamo anche ogni tanto metterlo da parte aderendo al buonsenso. Restiamo uniti, in silenzio, nel rispetto di chi parole e lacrime non ne ha più.
Sono tornata dalla vacanze con questa tristezza che non posso e non voglio sciogliere. Spero che serva a me stessa per cominciare ad usare una bilancia nei miei giorni, per imparare a soppesare fatti, parole e persone.
E torno al blog perché torno alla mia vita, offrendovi una ricetta che vuole fissare l'estate in un ricordo, in un colore ed in un momento: adesso.


Ingredienti per due persone:

180 g di spaghetti
1 melanzana tonda
500 g di passata di pomodoro
1 spicchio d'aglio
parmigiano o ricotta salata grattugiata
olio evo
olio di semi di arachidi
basilico
sale

Tagliate la melanzana a fette e friggetele in abbondante olio di arachidi. Fatele asciugare sopra un foglio di carta assorbente. Nel frattempo rosolate uno spicchio d'aglio in tre cucchiai di olio evo, unite la passata di pomodoro, fate cuocere per circa 20 minuti e alla fine salate condendo con un filo d'olio evo. Cuocete gli spaghetti al dente, scolateli, conditeli con la salsa di pomodoro ed avvolgeteli nelle fette di melanzana, fermandoli con qualche stuzzicadenti. Cospargete con il parmigiano o la ricotta grattugiata e decorate con foglie di basilico.





12 commenti:

  1. Çara che tristeza cuanto dolore.
    I know because we suffer terremotos here. Always are terrible .
    Hope you feel better soon cara.
    This plate is bellisimi.
    Un abbraccio forte :)

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  2. Credo che tu sappia quello che è successo a noi nel 2012, la mia casa era praticamente sull'epicentro. Solo che a noi non l'aveva mai detto nessuno, anzi...ci credevamo immuni perchè la nostra terra è sabbiosa. Quella paura non si dimentica più e temo che i tuoi ricordi saranno anche quelli di mia figlia, che quella sera aveva 4 anni. Vedere quelle immagini strazia anche me, anche io sono sempre stata molto sensibile, tante volte di notte non riesco a dormire pensando alle storie degli altri...anche da piccola facevo così, ed è per questo che adesso leggo solo i giornali on line, i telegiornali mi impressionano troppo. Come te, poi, anche io sono sempre protesa a sognare un futuro o a rimpiangere un passato, o tra l'essere nostalgica e nello stesso tempo intimorita dal futuro, non ho ancora deciso cosa fare da grande. Però a cogliere l'attimo ho imparato, piano piano, cercando di non sprecare mai nessun briciolo di felicità. Anche questo piatto contagia di felicità. A volte basta poco per godere di quella che non sappiamo essere un'enorme fortuna: la vita. Ti abbraccio e ti dico che sono contenta di rileggerti, davvero.

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  3. i miei ricordi ritornano indietro al 1976 al terremoto in Friuli, momenti terribili che non si dimenticano..... La vita va avanti , bisogna farlo per chi vivrà dopo di noi, per i nostri figli....Bella ricetta molto solare,ti abbraccio

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  4. bellissimo post e golosissima la ricetta!!!

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  5. Io non oso nemmeno immaginare ciò che le persone che vivono momenti tremendi come i terremoti, si portano dentro per tutta la vita.. :-( sono anche io triste e impotente e la penso come te.. a volte il silenzio è meglio.. anziché tirar fuori parole inutili e fuori luogo come sto sentendo in questi giorni! Tornando alla tua ricetta.. davvero un'ottima proposta!! :-* buon inizio settimana

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  6. Che tristezza , mi sento veramente vuota davanti a tanta devastazione.
    La tua ricetta sembra deliziosissima.
    Ti abbraccio

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  7. 'Se non si è in grado di agire in modo costruttivo bisogna soltanto affidarsi al silenzio' in questa frase meravigliosa che hai scritto e nei colori vivi e splendidi che hai scelto per accompagnare questo post intravedo una persona meravigliosa.
    Un abbraccio.
    Marina

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  8. Empatia e sensibilità, seppure molte volte penalizzanti, trovo siano un'occasione in più di vivere con maggior intensità e consapevolezza la nostra vita. Ci sono dolori talmente grandi che non possono lasciare indifferenti, ma scelgo il silenzio e la riflessione personale a tante inutili e anche fastidiose parole, quando soprattutto sono i fatti che servono.....
    La vita comunque deve andare avanti e i tuoi sfiziosi involtini di spaghetti sono un felice messaggio di fiducia e speranza!!!
    Un forte abbraccio

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  9. Per provare empatia bisogna essere persone sensibili e che sforzasi di cercare di capire gli altri. Purtroppo molti non hanno voglia di fare questo sforzo e oramai tutti i giornali vivono di parole vuote, di cattiverie e di critiche senza senso. Conosco il terremoto perchè anche io vivevo in zona sismica quando ero piccola, ma sono stata fortunata. Non ho mai dovuto subire l'esperienza della fuga da casa, deve essere una cosa terribile

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  10. Bellissimo post cara, mi hai fatto venire la pelle d'oca.... Originali e gustosi questi involtini con la pasta, bravissima!!!!

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  11. Che meraviglia! Sono rimasta incantata! Bravissima!
    Un caro saluto!
    unospicchiodimelone!

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  12. ....quante vane parole...hai prorpio ragione. Io, siciliana, convivo quotidianamente con il terrore del terremoto...paure di sempre, sulla mia pelle o dai racconti dei nonni, dei genitori... cerco di cogliere l'attimo e..adesso, vorrei proprio gustare questo magnifico piatto. Bravissima!!

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